Piove. L'acqua scende davanti ai miei occhi a gran forza e solo il mio stupido ombrello, come sempre rotto, e la mezza tettoia di una casa di fronte alla macelleria, mi riparano da questo diluvio. L'aria è fredda, dentata. Si infila sotto la pelle e rallenta i movimenti. Quanto tempo è che sono qui? Certo qualche ora è passata. Solo, appoggiato con la schiena al muro dietro di me; nelle orecchie il rumore incessante della pioggia e il mio respiro, manifestabile nella sua leggera nube che esce dalla mia bocca. Ho aspettato un'occasione di questo genere per tutto il tempo in cui è cominciata la mia adolescenza; la fantasia ne ha fatto frutto per immagini e immagini che hanno vagato nella mia testa fino ad ora.
Frequento il secondo anno di superiori. Lo sò, sono un ragazzino che non sà ancora cosa vuol dire amare, innamorasi e bla bla bla. Ma forse è anche perchè non ho mai avuto l'occasione di stare con una ragazza, di sentire cosa proverebbe una lei a stare con me .. e di baciarla. Vedermi questo intorno ogni giorno però lascia sempre un piccolo segno. Una sensazione di malinconia che mi accompagna nel corso della giornata e mi rende pensieroso .. e probabilmente anche piu solo di quello che sò già di essere.
Poi però è capitata la sorpresa: in due anni che siamo in classe insieme e che mi hai sempre ignorato ... mi hai proposto di vederci questo pomeriggio. Senza nemmeno saperne il perchè. Mi è sembrato un sogno, un miracolo. Come potevo dirti di no? Come potevo guardare i tuoi occhi, di una tale luminosità candida, che mi riflettevano dentro di te, trascinato dal suono della tua voce in un cerchio di sensazioni infinte eppure di cosi poca durata ... e poi non accettare?
E cosi eccomi qui, dove avevamo deciso di incontrarci. L'appuntamento era fissato per le due e mezza, ma non intendevo fare tardi e ho anticipato il mio arrivo di qualche minuto. L'ombrello fatica a trattenere tutta l'acqua che cade; ogni tanto estraggo dalla tasca il cellulare e guardo l'orario nell'angolo in alto a destra dello schermo. Quasi le 5. Faccio qualche passo intorno, giusto per scaldarmi un pò. La luce grigia e annebbiata del giorno va via via svanendo e il buio della sera avvolge con il suo manto il paese, mentre le nubi non intendono andarsene. Con due dita afferro il bordo alto del colletto della giacca e me lo porto piu sù, per cercare di non sentire piu quello spiffero freddo nel collo che da un pò mi dà fastidio.
Il tempo passa e la sensazione che questa giornata sia svanita come la pagina di un libro caduta in una pozzanghera si fa sempre piu concreta. Ogni piccolo pensiero fattomi da questa mattina fino ad ora lo ritrovo nelle gocce di pioggia che incessanti cadono davanti a me, come se il cielo piangesse i miei stessi pensieri. "E' un segno. Lei non verrà" mi dico. Eppure, senza rendermene conto, ho preso a caminare senza sosta e mi stò avviando verso casa sua; forse solo per vedere se lei c'è, forse solo per sapere perchè non è venuta, forse solo per stupidità.
I miei passi sono colpi veloci e secchi sul suono bagnato della strada, in direzione di una meta che loro non sanno ma che eseguono e basta. Le mie mani si alternano nel portare l'ombrello con i pochi superficiali e caldi momenti per restare in tasca. Colpi di freddo, forti come spinte, mi infuriano davanti cercando quasi di allontanarmi da un destino, almeno per ora, a me sconosciuto. Poi la vidi.
Casa tua, immersa nel buio della zona est del paese. Il suo cancello è visibile solo grazie ad un lampione e alle pozzanghere della strada che lo riflettono. La luce che arriva dalla finestra della camera è un vaporoso lume dorato che taglia la nebbia della sera, dove il freddo e il buio sempre piu nero, si fanno avanti a tempo di natura. Una delle due tende è spostata e legata da un cordino. Errore fatale, almeno per me, permettendomi di vedere le due figure al suo interno che si baciano con passione e indifferenza al mondo esterno. Lui ti accarezza dolcemente i capelli e ti aiuta a levarti la maglia. Tu lo lasci fare, sorridi, lo baci ancora .. e con una mano sleghi il cordino della tenda. Poi, il buio.
Il mio ombrello, piano piano, cala verso il basso davanti a me. Con una mano afferro il gancio di chiusura e lo porto all'indietro. La pioggia ora cade frenetica sulla mia testa e a poco a poco ricopre il mio volto e il mio corpo. Mille pensieri, mille incertezze, mille fantasie, cadono sulla mia fronte e sui miei occhi mischiandosi alle lacrime e alla compassione che provo per me stesso. Mi stringo nelle spalle e sforzo un sorriso, voltandomi ed avviandomi verso casa, in una solitudine che mai come ora avrei desiderato. Un'ombra si muove nella notte, lucida e umida della pioggia, proiettata solo dal lampione dietro di sè e dall'amarezza che scorre lungo l'asfalto.