Salve a tutti...
Comincio col dire che non ho mai scritto molto, ma soprattutto non ho MAI fatto leggere le mie "creazioni" a nessuno
Per questo sono aperta a critiche e consigli... soprattutto le prime, me ne aspetto tante.
"Dolce Innocenza" non è il titolo del libro, che ancora non ho scelto. Sarà una delle ultime cose, giacché non so nemmeno se riuscirò a finirlo.
La storia è ambiantata in un passato non precisato, ma che dovrebbe collocarsi intorno al Medioevo. A questo proposito ho una domanda da farvi, altrimenti ho paura di continuare. Intanto, però, vi lascio l'incipit.
Chi parla è Jenne, la protagonista.
È assurdo, pensare che da bambino ti trovi tranquillamente a giocare con un po’ di terra e un altro coetaneo, che non hai mai visto prima. Come con un battito di ciglia, due ragazzi riescano a sapere tutto l’uno dell’altro. Come a loro non importi infrangere le regole, perché tanto non le comprendono. Anche oggi rivedo quella scena: io e Luke, mai visti prima, vicino al cespuglio di bacche.
«Ciao. Io sono Luke!» Mi disse arrivando.
«Ciao! Io sono Jenne.» Sorrisi io. Mia madre e mio padre non erano nelle vicinanze; forse non sapevano nemmeno che ero lì. I miei fratelli erano soliti andarci, forse avevo seguito loro. Non so dirlo con precisione; non ricordo, ero bambina.
«Bene. Cosa fai, Jenne?»
«Sto cercando di fare il castello di Cormel! E tu?» Solo io potevo sperare di riprodurre con la terra il castello del paese.
«Ti aiuto.» Come se fosse la cosa più ovvia del mondo, Luke si sedette accanto a me e cominciò a modellare la terra per fare una collina. Molto approssimativa come collina.
In quell’innocenza, quasi finta oserei affermare, non avrei mai potuto nemmeno immaginare che di regole ne avrei violate. Non potevo pensare cosa sarei diventata. Jenne. Un singolo nome. Un’etichetta, un segno. Una rovina.
Gli adulti non si soffermano ad udire ciò che sussurra loro il cuore. Ad una certa età, devi solo compiere determinate cose. Che, bada bene, non devono uscire dal regime della normalità. Soffermarsi ad ascoltare ciò che ti dice il cuore è da sciocchi, da bambini. In una delle tante stanze di quella grande casa che è l’anima, dove i ricordi viaggiano felici o tristi, liberi di riaffiorare quando e come vogliono, dove gli affetti e le simpatie si fermano a sorseggiare qualcosa assieme scambiando due chiacchiere; in una di quelle stanze, non abita forse il bambino che eravamo tutti tempo fa? Talvolta, quel bambino, non può uscire, vedere come è cambiato il mondo? E ricordarti che ogni tanto, ascoltare il cuore è giusto.
Che dite? Come ho detto sopra, è la prima volta che faccio leggere qualcosa di mio a qualcuno, perciò sono apertissima a critiche e consigli. Ci ho riflettuto molto prima di farvelo leggere; esprimete il vostro parere.
Edited by Nà__ty - 25/1/2010, 14:53