Racconto di Paolo Para

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Ruby^
CAT_IMG Posted on 20/11/2006, 22:05




NOTTE DI MARE
Da quel momento solo il rumore delle onde.
di Paolo Para


Le cinque del mattino. Era praticamente l'alba quando posò nuovamente gli occhi sul foglio A4 perfettamente inserito nel tamburo della sua Olivetti Lettera 22 . Quasi con stupore lo ritrovò bianco come quando lo aveva estratto dal pacco da 1000. Operazione che aveva eseguito quasi meccanicamente ben 7 ore prima.
Ormai gli capitava sempre più spesso. Si sedeva al suo tavolo colto da una folgorante ispirazione, preparava la macchina per scrivere, sgranchiva le dita (gesto che faceva solo per vizio stilistico e con un pizzico di narcisismo) e una volta appoggiate le dita ai tasti in posizione di scrittura...nulla. Vuoto. Fino ad un attimo prima la mente viaggiava, la trama s’intersecava veloce e fluida tra i personaggi e gli eventi. Una fitta sequela di situazioni intriganti e assolutamente irresistibili, ma quando alla fine di tutto si ritrovava, esausto, a rileggere il tutto si accorgeva che non aveva scritto una sola parola. Ovviamente non c'era verso di ricordare quanto immaginato fino a pochi secondi prima. Gli rimaneva solo la sensazione di aver perso nuovamente l'occasione di mettere nero su bianco una storia interessante, un possibile successo editoriale.
Agli inizi questi "time out" duravano pochi minuti, nei quali, però la sua immaginazione creava una storia con una velocità vertiginosa. Poi pian piano la cosa ha cominciato a manifestarsi con maggiore frequenza e la durata si è moltiplicata a dismisura. Ora, come poco fa, gli capitava di perdere intere notti.
Il trasloco inizialmente gli era sembrata un'ottima idea. Una ventata d’aria nuova, fresca e soprattutto pulita. Era stufo della città. Lo ripeteva da anni, ma non aveva mai avuto il coraggio di fare veramente le valigie ed andarsene. Aspettava un'occasione che “puntualmente” gli si materializzò quando oramai anche lui non ci credeva più. Un evento che a lui piacque attribuire al suo karma o alla sua orientaleggiante e bislacca visione del fato e del destino. Mi spiego.
Sei mesi prima aveva, infatti, deciso di smettere di fumare. L'idea dello scrittore "fumoso" gli piaceva e gli sarebbe anche piaciuto essere un accanito bevitore, per rendersi ancora più interessante come personaggio, ma si scoprì presto astemio con sua gran delusione. Quindi aveva preso a fumare con grande accanimento, senza in verità trarne il benché minimo piacere. Lo faceva perchè aveva deciso di farlo. In quel momento della sua vita però gli sembrava che lo smog della città gli pettinasse già abbastanza i polmoni e quindi, seppur a malincuore, decise di abbandonare le bionde. Quando sarebbe diventato famoso, nelle presentazioni ufficiali dei suoi libri, avrebbe potuto comunque fingere di fumare per mantenere la parte.
In modo molto casuale scelse un centro specializzato in agopuntura che lo avrebbe aiutato in questo grande passo. La prima volta che vi si recò rimase molto deluso. Credeva, infatti, che il nome "Whang Li" nascondesse un piccolo angolo di Cina in città, magari in una casetta di legno dove camminare rigorosamente senza scarpe dopo aver salutato con un inchino, circondata da piccoli giardini e cascate, porte scorrevoli, parquet e lanterne rosse. Invece si ritrovò in uno studiolo di 45 mq al primo piano di una vecchia palazzina anni 50.
Un piccolo cinese vestito all’occidentale ad attenderlo, stretta di mano, piccola scrivania e lettino in freddo metallo. Nonostante l'aspetto deludente la pratica gli aveva fatto ottenere il risultato sperato in pochissime sedute, forse perchè aveva sempre finto di fumare e non era affatto dipendente, ma lui non pensò mai a questa eventualità, anzi si complimentò spesso con se stesso per l'ottima scelta.
L'unica cosa di legno che trovò all'interno dello studio "Wang Li" era una piccola bacheca dove qualcuno (i clienti?) aveva appeso piccoli foglietti con annunci di vario tipo. Dall'offerta per corsi per apprendere le più disparate discipline orientali, ai massaggi, al servizio di baby-sitter, alle badanti, alla vendita delle auto (perlopiù scalcinate) per finire all'annuncio che attrasse la sua attenzione:

Affittasi appartamento, mq. 50, vista mare.
Stanza con balcone, bagno, piccolo vano ad uso cucina.
Chiamare ore pasti.

Strappò istantaneamente l'annuncio dalla bacheca. Si trattava sicuramente del premio che si aspettava per aver scelto di smettere di fumare (mi riferivo a questo, quando parlavo del suo stravagante modo di intendere il karma. Per ogni azione che lui riteneva buona per se stesso si aspettava una sorta di gratifica o di premio).
Quel giorno aspettò impaziente le 20. Quella gli era sembrata l'ora più adatta per telefonare. Chiamò puntuale e si mise d'accordo per una visita all'appartamento per l'indomani mattina.
Distava appena un’ottantina di chilometri dalla sua città. La località piuttosto frequentata in estate sarebbe stata pressoché deserta in quel periodo, quindi non avrebbe avuto problemi di traffico o di code. Aveva vagamente idea di dove si trovasse l'appartamento, ma aveva deciso di partire con abbondante anticipo per poter gironzolare nella zona con calma in attesa dell'appuntamento.
La località gli era nota perchè vi aveva trascorso le prime vacanze estive senza i genitori. Con un gruppo di amici aveva per la prima volta assaporato la libertà a caccia dell'avventura sessuale. Con un deludente risultato finale.
Nonostante dovesse trovarsi lì a metà mattina decise di andare a dormire presto, ma una volta a letto gli si presentò di fronte una notte agitata tanta era la frenesia per l'evento del giorno successivo.
La zona gli piacque subito. Era tutto come se lo ricordava.
L'appartamento si trovava in una piccola palazzina a tre piani di recente ristrutturazione che si affacciava proprio sul lungomare alberato. Era tutto molto ordinato e pulito. Il piccolo giardino prima dell'ingresso principale, il citofono d'ottone opaco, persino lo zerbino di fronte alla sua porta. La cosa che lo colpì di più una volta dentro fu sicuramente la grande porta finestra che conduceva al balcone vista mare. In quella zona non era certo da Caraibi, ma il fascino di quella immensa distesa lo toccò molto nel profondo fin dal primo momento.
Sei mesi dopo era lì. Con le sue poche cose, qualche scatolone, soprattutto libri e ovviamente la sua macchina per scrivere: l'inseparabile Olivetti Lettera 22.
L'amore per lei era scattato diversi anni fa quando, da studente universitario durante un viaggio a New York, la vide esposta al MOMA (Museum of Modern Art). Appena tornato in Italia se ne procurò subito una identica.
Nella sua nuova casa si sentiva una grande energia dentro. Molto diversa da quando era andato via dalla casa dei genitori otto anni prima. Lì c'era la conquista della tanto agognata indipendenza dopo una vita passata a sentirsi dire cosa fare e soprattutto cosa non fare. Questa volta c'era la conquista di una parte di se. Celebrava la realizzazione di uno dei sogni a cui teneva di più in assoluto. Il distacco dalla città che lo aveva reso "adulto" non era cosa da poco ed inoltre questo cambiamento segnava una svolta anche dal punto di vista professionale. Dopo l'università aveva deciso di non affrontare la difficile carriera di giornalista perchè odiava quell'ambiente politicizzato nel quale era in pratica obbligatorio schierarsi da una parte o dall'altra. Tutto ciò aveva disatteso le aspettative del padre che lo vedeva invece intraprendere la stessa strada che lui stesso aveva seguito con grande successo trenta anni prima. Questa scelta quindi gli mise addosso la responsabilità di dover dimostrare alla famiglia che aveva fatto bene a cercare di diventare scrittore. Il non aver mai pubblicato nulla fino a quel momento gli dimostrava purtroppo il contrario. Essere lì, pronto ad iniziare seriamente il suo primo lavoro gli sembrava già un gran passo in avanti.
Ne traeva sempre più consapevolezza, soprattutto, quando guardava da quella finestra.
La sola visione di quell’enorme distesa d'acqua lo emozionava.
Spostò ben presto la grande scrivania proprio in modo che potesse avere sempre quella visuale in primo piano. Si sentiva che la sua creatività ne avrebbe giovato. Fu così, infatti.
La prima volta che vide una barca a vela attraversare l’orizzonte sentì un sussulto dentro di sé. Qualcosa gli si sbloccò e cominciò per la prima volta ad immaginare una storia ambientata in mare all’interno di un antico galeone. La sua mente aggiunse una miriade d’elementi a questa storia.
Un racconto vero e proprio visualizzato nella sua testa come una sorta di film.
Gli bastava sedersi sulla sedia ben posizionata sul suo piccolo balcone che ogni cosa gli suggeriva una nuova storia. Rimaneva ad occhi sbarrati. La creazione dei personaggi, dell'ambientazione, che era ovviamente marinara, lo svolgimento della trama gli riusciva talmente facile che in pochi minuti era stato in grado di creare un canovaccio ricco ed avvincente. "Un sicuro successo" pensava. Quindi in tutta fretta si precipitò alla scrivania, ma il risultato era sempre lo stesso. Tabula rasa. Non aveva preso troppo sul serio questo problema. Lo considerava una fase. Un momento.
Avrebbe voluto scrivere un romanzo noir e quindi l'aver smarrito quelle idee che riguardavano galeoni, pirati, ammutinamenti non gli sembrava una gran perdita.
A lungo andare però, iniziò a preoccuparsi. Decise di cambiare un po’ le sue abitudini per riuscire a cogliere finalmente il frutto di queste sue folgoranti allucinazioni creative. Innanzi tutto decise di scrivere di notte. In tal modo sperava che le sue storie assumessero intonazioni più cupe, più noir appunto, molto più adatte alla visione del genere che aveva in mente. Inoltre cercò di passare il minor tempo possibile lontano dalla sua scrivania dove teneva sempre pronta la sua Lettera 22 col foglio inserito e la risma pronta.
Le notti insonni si susseguivano una dopo l'altra intervallate di tanto in tanto, e per periodi sempre più lunghi, dalle sue straordinarie trance creative.
L'ultima notte con la "creazione" da sette ore era stata sicuramente la più lunga ed estenuante.
Cominciava a prendere forma nella sua testa una strana teoria a riguardo di questo suo fenomeno. Si stava convincendo, infatti, che il mare ne fosse la causa. Nel bene e nel male.
Era come se lo stimolasse creativamente, ma allo stesso tempo si nutrisse delle storie da lui create. Il mare lo aveva sbloccato, ma fagocitava tutte sue stupende creazioni di cui tra l'altro era il protagonista indiscusso.
Il mare.
Durante la notte invece di diminuire, la sua dipendenza da questa imponente presenza era aumentata a dismisura. Gli era capitato di assistere ad alcune burrasche e l'impetuosità e la potenza delle onde alimentate dal fortissimo vento lo avevano molto impressionato.
Da quando viveva lì non era mai andato sulla riva. Tanto meno aveva bagnato un solo dito in quella acqua. Si era sempre limitato a guardarlo dal suo balcone, stregato e schiavo allo stesso tempo.
In virtù delle sue ultime supposizioni e dopo essere stato testimone delle maestose dimostrazioni di forza, ora ne era anche intimorito.
A volte la frustrazione creatagli dalla situazione si trasformava in rabbia che lo portava ad inveire contro di lui. Altre volte gli parlava quasi supplicandolo di liberarlo da quel legame così morboso.
La situazione era diventata insostenibile.
Una notte decise d’affrontarlo.
Ma non fu una cosa semplice. Era terrorizzato, nonostante fosse una serata di bonaccia e il mare fosse estremamente calmo. Chiuse la porta finestra e le persiane. Si distese sul letto e cerco di calmarsi.
Passarono alcune ore fino a quando radunate tutte le forze si decise e andò sulla riva a poco più di mezzo metro di distanza dall'acqua.
Si sedette a gambe incrociate. Fissava la superficie del mare come se lo stesse guardando negli occhi. Dentro di sé scatenarsi una incredibile miscela di sensazioni e sentimenti.
Il silenzio intorno a loro si era fatto irreale. Sembrava quasi che tutto intorno a loro si fosse fermato in occasione di questo incontro. In alto dal cielo miliardi di occhi assistevano muti.
Pianse a lungo. I singhiozzi lo scuotevano fin nelle viscere. Poi rise sguaiatamente, un riso amaro misto a lacrime, in un grottesco alternarsi di stati d'animo contrastanti.
All'alba fu svegliato dal sole che gli puntava dritto in faccia.
La marea che di notte lo aveva circondato in un simbolico abbraccio si stava pian piano ritirando.
Con la bocca e la gola secche come dopo una sbronza solenne, lentamente si diresse all'appartamento, un po’ stordito. Non era certo di ricordare cosa era avvenuto la notte precedente, ma in qualche modo si sentiva più leggero. Fece una doccia e si sedette alla scrivania. Prese un foglio bianco. Lo pose con cura nella sua Olivetti, chiuse gli occhi e lasciò che fosse il rumore delle onde a guidare le sue dita...
 
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